


Carboidrati e grassi sono sempre stati al centro del dibattito sul dimagrimento. Anni fa si demonizzavano i grassi, essendo ritenuti responsabili dell’aumento di peso; in seguito vi è stata una vera e propria fobia dei carboidrati. Negli ultimi anni, invece, sta aumentando la consapevolezza in relazione al bilancio calorico, alla sostenibilità, alla preferenza, agli effetti soggettivi rispetto all’additare la colpa dell’aumento di peso ad un macronutriente o all’altro.
QUANDO NASCE IL DIBATTITO TRA I GRASSI E I CARBOIDRATI?
Innanzitutto bisogna fare una premessa: fino al temine della seconda guerra mondiale la maggioranza della società non era di certo preoccupata del tipo di alimentazione da prediligere, quanto di tornare a casa e racimolare qualcosa per potersi sfamare. Il problema della sovralimentazione e della perdita di peso è emerso solo negli ultimi decenni.
Negli anni ‘70, in particolar modo in America, si riscontrò l’allarme sull’eccesso di peso all’interno della società. Nel 1977 la Senate Select Committee on Nutrition and Human Needs, guidata dal senatore George McGovern, stilò delle linee guida sulla salute al fine di analizzare su un grande campione della popolazione i trigliceridi nel sangue, LDL, HDL. Il quadro mostrò che vi era una concomitanza tra condizioni di sovrappeso, colesterolo e grassi. Iniziò, allora, una vera e propria demonizzazione dei grassi (ritenuti colpevoli del cattivo stato di salute) che diede il via al marketing dei prodotti light, ossia a ridotto contenuto di grassi.
Le ricerche degli anni successivi non sembravano, tuttavia, evidenziare benefici dalla riduzione di grassi della dieta, in quanto nell’alimentazione il deficit di lipidi veniva controbilanciato dall’assunzione di zuccheri semplici e carboidrati. La percezione della popolazione fu quella di limitare più possibile ogni fonte di grassi a vantaggio di comportamenti controproducenti. Il consumo degli alimenti contenenti grassi insaturi (come frutta secca a guscio, semi oleosi, oli vegetali) venne sostituito dall’introduzione di cibi più raffinati e ricchi di zuccheri aggiunti (poveri di fibre e micronutrienti) ad alta densità energetica e ad alto indice glicemico.
Non stupisce che l’aumento di casi di sovrappeso, obesità e patologie correlate si evidenziò soprattutto negli Stati Uniti, mentre su scala appena ridotta in Europa e Australia. Si delinearono, in questo modo, alcune “fazioni”: da un lato, la Chetogenica, che riduceva al minimo i carboidrati (così come la dieta Atkins e la Dukan, tra le tante); dall’altro lato, le diete a ridotto contenuto di grassi quale la Dieta Mediterranea.
Negli ultimi anni sembra essersi diffusa una maggiore consapevolezza relativa a questi argomenti: le persone stanno comprendendo sempre di più che ciò che influisce realmente sul vedersi bene ed essere in salute non sono i grassi o i carboidrati in sé, quanto il differenziale sul lungo periodo tra le calorie introdotte e quelle consumate (sia che si preferiscano i carboidrati, sia che si prediligano i grassi).

I CARBOIDRATI: COSA SONO
I carboidrati rappresentano la fonte energetica principale soprattutto durante un’attività fisica intensa, poiché vengono utilizzati dall’organismo per:
– produrre energia (4 kcal/g);
– essere immagazzinati come riserve epatiche di glucosio o sotto forma di grasso;
– entrare nella formazione della struttura di parti essenziali dell’organismo grazie alla loro funzione plastica.
La classificazione di questo nutriente in base agli atomi di carbonio che li compongono (monosaccaridi: glucosio e fruttosio; disaccaridi: saccarosio, lattosio, maltosio; polisaccaridi: amido e glicogeno) permette di determinare i tempi digestivi di scomposizione attraverso l’indice glicemico(GI): più veloce è la scomposizione, più alto è l’indice glicemico.
La maggioranza dei carboidrati viene trasformata in glucosio, quindi le molecole più grandi per essere digerite vengono ridotte in molecole più piccole; ciò vale per tutti i tipi carboidrati, ma non per le fibre alimentari, in quanto, data la loro natura insolubile, non possono essere assimilate dall’organismo e quindi trasformati in energia.
Le fibre, seppur non fungano da carburante per l’organismo, non vanno eliminate poiché contribuiscono alla regolazione intestinale ed hanno un elevato potere saziante.

FIBRE = ALTO POTERE SAZIANTE = MOLTO VOLUME E POCHE CALORIE
Tieni presente che saranno tra le tue migliori alleate per placare la fame: riempiono lo stomaco facendogli credere di aver mangiato a sufficienza.
I CARBOIDRATI: COME VENGONO ASSIMILATI
La fase di digestione dei carboidrati avviene all’interno dell’apparato digerente partendo dalla bocca, fino allo stomaco. In questa fase tutti i carboidrati diventano glucosio e tramite l’insulina e il glucagone, vengono distribuiti ai diversi tessuti del corpo (eccezion fatta per la fibra alimentare, scartata dall’organismo).
Tra i destinatari del glucosio, oltre alla massa muscolare e al tessuto adiposo, vi è il fegato. Qui, a partire dagli zuccheri viene sintetizzato il glicogeno (glicogenesi).
Se gli zuccheri ingeriti eccedono le quantità di deposito di glicogeno, si attiva la sintesi dei trigliceridi (lipogenesi). L’assorbimento dei carboidrati (o meglio glucidi) da parte dell’intestino avviene attraverso la glicolisi e all’enzima fosfofruttochinasi che, nel citoplasma, consente la trasformazione del glucosio in energia tramite una serie di reazioni chimiche. Attraverso l’insulina il corpo manda il segnale di assumere il glucosio. Nel momento in cui la richiesta energetica è stata soddisfatta, il glicogeno viene depositato nei muscoli e, una volta riempitisi, lo zucchero in eccesso viene conservato sotto forma di grasso.
Quindi le nostre riserve di grasso non derivano esclusivamente dai lipidi, ma anche dai glucidi in eccesso!
LINEE GUIDA SULL’ASSUNZIONE DI CARBOIDRATI
Le linee guida del LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana) e della SINU (Società Italiana Nutrizione Umana) suggeriscono di:
- assumere tra il 45 e il 60 % di carboidrati rispetto al TEED;
- per garantire le funzioni cerebrali non scendere mai al di sotto del 25 %;
- prediligere i carboidrati a basso indice glicemico limitando il consumo degli zuccheri ad un massimo del 15%.
- Consumare 25 g/die di fibre (fabbisogno calcolato su un adulto di media statura) scegliendo alimenti naturalmente ricchi come cereali integrali, legumi, frutta e verdura.
I GRASSI: COSA SONO
I grassi (o lipidi) possono essere:


- di tipo vegetale come olio di oliva, oli vegetali e di semi, di cocco, frutta secca, semi oleosi, avocado. Sono privi di colesterolo e ricchi di sostanze benefiche e indispensabili per l’organismo poiché questo non è in grado di sintetizzarli (come l’omega-3 e l’omega-6); pertanto andranno assunti tramite l’alimentazione;
- di origine animale come carni rosse, salumi, salmone, burro, formaggi. Se assunti in quantità eccessiva vanno a determinare un incremento del colesterolo nel sangue.
Le principali funzioni degli acidi grassi sono di:
- riserva (forniscono 9 kcal per grammo);
- strutturali che portano a: protezione degli organi interni, riduzione della dispersione di calore, formazione delle membrane cellulari;
- trasporto di sostanze nel sangue;
- regolazione;
- precursori ormonali.
I GRASSI: COME VENGONO ASSIMILATI DALL’ORGANISMO
Il metabolismo dei lipidi, in linea generale, avviene grazie all’enzima lipasi e all’azione dei sali biliari che riescono a secernere i lipidi a livello intestinale. Una volta assorbiti, i lipidi vengono riutilizzati per sintetizzare sostanze come i trigliceridi, i fosfolipidi e il colesterolo. Quest’ultimi due sono molto importanti a livello strutturale, a differenza dei trigliceridi che vengono immagazzinati come riserva energetica nel tessuto adiposo e utilizzati all’occorrenza.
In particolari condizioni come il digiuno a causa della scarsa disponibilità di glucosio, o in alcune patologie come il diabete o la carenza insulinica, il corpo utilizza nei lipidi la propria fonte energetica; tale meccanismo provoca un’eccessiva ossidazione dei trigliceridi (quindi dell’acetil-CoA) che può portare alla formazione dei corpi chetonici: acido acetico, acido idrossibutirrico, acetone.
Questi vengono ossidati in quantità sufficiente dai tessuti (soprattutto quello muscolare) per produrre energia e si vanno ad accumulare nel sangue causando un aumento della chetonemia.
I GRASSI: FABBISOGNO RACCOMANDATO
Secondo le linee guida i grassi raccomandati nella dieta sono pari al 25-30 % delle calorie ingerite.
COS’È IN VOGA OGGI NEL MONDO DEL FITNESS?
Le strategie Low Carb sembrano essere molto diffuse nel mondo del fitness, poiché offrono risultati strabilianti nell’immediato in relazione alla perdita di peso.
In primis, vi è la DIETA CHETOGENICA, prevalentemente ipoglucidica con carboidrati inferiori al 5-10%, spinge l’oganismo all’utilizzo dei “corpi chetonici” (come il beta-idrossibutirrico, l’acido acetoacetico e l’acetone prodotti dal fegato) come fonte prevalente di energia.
I grassi usati a scopo energetico condurranno metabolicamente ad un aumento della lipolisi, sebbene possano portare, nel lungo periodo, ad una serie di situazioni avverse, come l’utilizzo di proteine muscolari o alti livelli di tossicità epatica dovuti ad un deficit di glicogeno. La mancanza di carboidrati porta ad una riduzione di serotonina e con conseguente aumento delle catecolamine (adrenalina) rendendo la persona molto più attenta e concentrata. Viene attivata l’adrenalina e il fisico comincia a bruciare le proprie riserve.
I vantaggi della dieta chetogenica (e delle LOW CARB) sono quelli di:
- facilitare la perdita di peso;
- convogliare la perdita di peso prevalentemente a carico del tessuto adiposo;
- migliorare la sensibilità all’insulina;
- ridurre il rischio di diabete;
- mettere a bada la ritenzione idrica (considerando che ogni grammo di glicogeno trattiene 3 g di acqua);
- Curare i pazienti epilettici come alternativa ai farmaci (i quali possono causare danni se assunti nel lungo periodo).
La DIETA ATKINS, la DIETA A ZONA, la PALEODIETA, la DUKAN, riprendono alcuni principi della chetogenica tollerando maggiormente i glucidi nel lungo termine.
I problemi delle diete LOW CARB
Queste potrebbero provocare:
- malessere soprattutto nella fase di adattamento (mal di testa, irrequietezza, senso di affaticamento, malessere);
- insonnia;
- deficit vitaminici.
A chi consigliarle?
Sicuramente ai soggetti obesi, alle persone che soffrono di insulino-resistenza e ai pazienti affetti da diabete mellito di tipo II.
LOW CARB E PERFORMANCE
Nel 2007 Cook CM e Haub MD hanno analizzato il rapporto tra “Diete low carb e performace”. Tenendo in considerazione che negli ultimi 20 anni la scienza aveva osservato che alla restrizione dei carboidrati corrispondeva un decremento della performance, hanno condotto uno studio analizzando le prestazioni di un allenamento simile a quello ad alta quota in relazione all’introito glucidico.
I risultati hanno mostrato che, sebbene l’ossidazione dei grassi possa aumentare, la capacità di mantenere un esercizio fisico d’intensità (sopra la soglia del lattato) viene compromessa o rimane indifferente rispetto ad un alto consumo di carboidrati. Gli studi clinici rivelano che una dieta a basso contenuto di carboidrati facilita la perdita di peso a parità di calorie, soprattutto nel breve periodo.
Le prestazioni sportive con una dieta a basso contenuto di carboidrati non migliorano, ma possono essere mantenute costanti. Ciò che si ottimizza è la composizione corporea che può portare, in tal senso, ad una maggior competizione in termini di prestazioni.
DIETA LOW FAT
Tra le diete a basso contenuto di grassi più conosciute e sperimentate, vi è certamente la DIETA MEDITERRANEA. Quest’ultima si basa principalmente, eccezion fatta per l’olio d’oliva (che può essere consumato in dosi adeguate, in genere non si devono superare i 2 cucchiai giornalieri) e per la carne rossa (da consumare una volta, massimo due al mese), sull’assunzione di cereali, tuberi, legumi, frutta e verdura.
Vantaggi della LOW FAT.
Questa consente un:
- aumento della performance;
- aumento del metabolismo;
- aumento dell’appetito (porta a mangiare molto di più ma, la fame si sente comunque, almeno che non si è in fase ipocalorica o normocalorica);
- miglioramento della sensibilità alla leptina (diminuendo la discesa della triiodotironina, che inibisce la produzione di leptina – ormone che provoca sazietà);
- miglioramento del livello della tiroide;
- miglioramento della qualità del sonno;
- giusto secreto degli ormoni tiroidei;
Sicuramente una riduzione del macronutriente più calorico porterà ad ingerire un maggior volume di alimenti, poiché, a parità di calorie, si potrà mangiare di più in termini di quantità.
SVANTAGGI DELLA LOW FAT:
- incrementano i livelli d’insulina (che si contrappone alla lipolisi);
- può portare comunque a debolezza;
- si può incorrere ad una carenza di grassi mono e poli-insaturi;
- in alcuni soggetti può dare sonnolenza, pesantezza e abbassare i livelli di attenzione.
Le linee guida attuali sostengono che non è buona cosa diminuire l’apporto di grassi saturi in favore dei carboidrati, in quanto ciò non riduce il rischio di malattie cardiovascolari; più opportuna sarebbe la sostituzione dei grassi saturi con quelli insaturi. Tra quelli da preferire vi è l’acido oleico, grasso monoinsaturo contenuto soprattutto nell’olio d’oliva e nella frutta secca. Grassi polinsaturi indispensabili al corpo sono il linoleico, omega-6, alfa-linoleico, omega-3 che il corpo non è in grado di sintetizzare e deve ricavare dalla dieta.
I LARN nel 2014 indicavano un’assunzione tra il 5 e il 10 % delle calorie complessive per i grassi insaturi di cui 4-8 % per gli omega 6 e uno 0,5-2 % per gli omega-3.
L’INDICE DI SAZIETÀ: CARBOIDRATI O GRASSI?
Non trascurabile nella sostenibilità della dieta è la gestione della sazietà. L’indice di sazietà rappresenta la capacità di un alimento di renderci appagati fisicamente più della quantità di cibo ingerita. Essere sazi non è solo una questione fisica, ma anche psicologica.
Ci si sente sazi quando l’insulina stimola un centro nervoso che è “il centro della sazietà”. Dunque, se è vero che ci si sente sazi quando “lo stomaco è pieno”, alcuni alimenti hanno per loro natura la capacità di provocare questa sensazione:
- I lipidi sono meno sazianti (nel breve termine) in assoluto poiché spingono a mangiare di più anche se hanno energia superiore agli altri macronutrienti. Ovviamente ciò vale più per i grassi saturi e meno per i grassi insaturi (tanto che la dieta Chetogenica è nota per la diminuzione della fame a causa di un ridotto contenuto di zuccheri e alla loro capacità saziante sul lungo termine).
- I carboidrati non saziano così tanto, specialmente gli zuccheri. Rispetto ai lipidi agiscono più sulla sazietà a breve termine e non sul lungo termine.
- Le proteine sono molto sazianti poiché la termogenesi di questi richiede una maggior produzione di calore rispetto ai carboidrati.
- Al primo posto a livello di sazietà vi sono le fibre poiché permangono molto tempo nell’intestino.
- Anche l’acqua è saziante in quanto riempie momentaneamente lo stomaco, tant’è che alle volte riesce a far passare la fame.
Se vuoi perdere peso, prediligi cibi altamente sazianti come la verdura e le proteine!
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CARBOIDRATI VS GRASSI: COSA SOSTIENE LA SCIENZA
Un’analisi interessante condotta su pazienti obesi e diabetici tra i 25 e i 60 anni (pubblicata su “The journal of clinical endocrinology and metabolism”: Low-Carbohydrate as Compared with a Low-Fat Diet in Severe Obesity, Frederick F. Samaha, M.D., Nayyar Iqbal, M.D., Linda Stern, M.D. e colleghi, 2003) fece emergere che i pazienti che seguivano una dieta LOW FAT avevano mantenuto maggiormente la massa magra, mentre gli altri, ai quali era stato indicato di seguire una LOW CARB, era migliorata la sensibilità all’insulina ed avevano ridotto il rischio di malattie cardiovascolari grazie alla riduzione della glicemia.
Uno studio pubblicato nel “The Lancet Public Health”, relativo ad una ricerca promossa dal Brigham and Women Hospital di Boston, “Carboidrati assunti nella dieta e mortalità”, ha analizzato la relazione tra la percentuale di carboidrati nella dieta e la consequenziale incidenza sulla mortalità. Successivamente è stata effettuata un’altra meta-analisi volta a stabilire la relazione tra la sostituzione dei carboidrati con elementi proteici, grassi di origine animale e vegetale e la relativa incidenza sulla mortalità.
L’analisi svolta ha dimostrato che, nei 25 anni di monitoraggio, chi aveva assunto una percentuale di carboidrati inferiore al 40% e chi aveva superato il 70 % era maggiormente esposto al rischio di mortalità. Tale pericolo andava a diminuire mantenendo i glucidi attorno al 50-55% delle calorie totali.
Mentre un’adeguata percentuale di carboidrati equivale ad un’aspettativa di vita di 33 anni in più, per un consumo ridotto di questo macronutriente l’aspettativa di vita si riduce a 4 anni, per chi eccede si arresta ad uno.
Nel maggio 2009 (Kodama S.,Saito K.,TanakaS. Miki M., YachiY., et. al.) uno studio si è occupato di analizzare i “Grassi e i Carboidrati nella dieta del paziente diabetico” constatando che i pazienti affetti da diabete di tipo II, un gruppo sottoposto ad una dieta con medio rapporto grassi/carboidrati (50%/24%) ed ad l’altro con un regime alimentare ad alto tenore lipidico (40%/40%), non evidenziassero significative differenze sulla perdita di peso, sulla glicemia a digiuno, sui livelli plasmatici di emoglobina glicata, sul colesterolo totale e nei livelli di LDL.
Nonostante una dieta ad alto contenuto di carboidrati porti ad un aumento dei livelli dell’insulina (+8%), di trigliceridi (+13%) e una diminuzione della colesterolemia HDL (-6%) rimane preferibile, per lo studio, una dieta ad alto contenuto di grassi in termini di riduzione della trigliceridemia per il controllo dell’insulino-resistenza e del diabete di tipo II.
Gli effetti di diete mirate al calo ponderale, con caratteristiche diverse, sono stati oggetto di diverse ricerche con risultati discordanti e non particolarmente positivi.
Uno studio sull’ “Efficacia della dieta ipocalorica associata all’educazione comportamentale nella riduzione del peso” (2010, Foster GD, Wyatt HR, Hill JO, Makris AP, et. Al.), ha sottoposto un gruppo di pazienti ad una dieta con ridotto apporto di carboidrati ed il restante ad una dieta ipocalorica e ipolipidica. Nel primo gruppo l’introito di carboidrati, ridotto a 20 g al giorno per 3 mesi, è stato incrementato gradualmente, inserendo alimenti a basso indice glicemico, fino al raggiungimento di un peso corporeo desiderato e stabile. Nel secondo gruppo, invece, all’apporto calorico ridotto a 1200-1500 kcal/die per le donne e 1500-1800 kcal/die per gli uomini, corrispondevano livelli di assunzione di grassi inferiori al 30% delle calorie totali.
Sia i pazienti in LOW CARB che quelli in LOW FAT hanno registrato un calo ponderale di 11 kg (11%), dopo il primo anno, e 7 kg (7%) dopo il secondo anno di trattamento.
La LOW CARB ha prodotto: una riduzione più marcata della pressione arteriosa diastolica, della trigliceridemia e dei livelli di colesterolo VLDL dopo i primi 6 mesi, con tendenza all’attenuazione della significatività a 2 anni, e un maggiore incremento della colesterolemia HDL al termine dello studio associato ad un maggior aumento delle lipoproteine in tutto il periodo in analisi.
Lo studio, inoltre, ha mostrato che la combinazione della modificazione dello stile di vita e della dieta a ridotto tenore di carboidrati o di grassi aumenta il calo ponderale ottenuto in due anni rispetto al solo trattamento dietetico (il deficit creato a livello di bilancio energetico).

La verità è che per essere sazi spesso non è sufficiente il segnale fisico dello stomaco pieno. Un cibo ci soddisfa quando appaga anche la mente. Nella scelta alimentare diventano fondamentali i fattori sensoriali (gusto, odore, consistenza, aspetto) e la palatabilità. Quest’ultima consiste nel dare soddisfazione a pieno al palato, indipendentemente dal senso di fame. Un’elevata palatabilità, tuttavia, non sempre è un fattore oggettivo nel tempo. Questo varia in relazione agli stimoli della società, alle abitudini alimentari
Per quanto riguarda l’indice glicemico e la sua incidenza nella dieta, alcune ricerche hanno messo in luce che questo non influenza direttamente l’obesità ma l’aumento di peso in generale: In particolare, uno studio su “Indice glicemico (GI), carico glicemico (LG) e risposta glicemica (GR)” diretto da Augustin L.S.A., Kandall C.W.C. e colleghi nel maggio 2015 ha sottolineato come gli effetti positivi e negativi dei carboidrati nella dieta siano importanti a livello di salute nella prevenzione di diabete, cardiopatie croniche e probabilmente anche obesità.
L’indice glicemico permette di classificare i carboidrati in base ai loro componenti essenziali come il contenuto di fibre. Sembra particolarmente importante per i soggetti insulino-resistenti consumare cibi con basso IG e GL, sebbene questo non influenzi la perdita di peso. Quest’ultima resta sempre a carico del deficit calorico.
Ricerche recenti, mettendo a confronto una dieta sana ed ipocalorica con una dieta a basso GI, riscontrano una maggior efficacia della seconda, soprattutto in relazione alla riduzione di massa grassa. A risultati analoghi giunge lo studio europeo DIOGENES (DIET, Obesity and GENES) aggiungendo che un’efficacia nel tempo è data dal connubio basso GI e moderato incremento proteico.
Una dieta ricca di carboidrati a basso GI ti permette di:
– migliorare il profilo glicemico in caso tu soffra di diabete;
– ridurre il rischio di diabete tipo 2 e di malattie cardiovascolari;
– riequilibrare la colesterolemia e di altri fattori di rischio cardiovascolari;
– controllare il tuo peso corporeo;
– ridurre il rischio sia di alcuni tipi di tumore (mammella e colon-retto), sia di patologie oculari tipiche dell’anziano (come la maculopatia degenerativa);
– miglior controllo dell’acne.
COS’È GIUSTO FARE SE SEI IN SOVRAPPESO?
Si ingrassa nel momento in cui si assumono più calorie di quelle che si bruciano.
La situazione ideale per ingrassare è quella in cui sono presenti nel sangue trigliceridi e zuccheri.
L’insulina non viene stimolata soltanto dagli zuccheri, ma anche da altri fattori come gli ormoni dello stomaco. Nonostante questa evidenza scientifica spesso si ritiene che ci siano fattori genetici determinanti la tendenza o meno di un soggetto ad ingrassare.
Proprio riguardo all’incidenza dei carboidrati e dei grassi nella dieta e del genotipo, è stata svolta una ricerca nel gennaio 2018. La questione era quella di valutare cosa fosse davvero importante per la perdita di peso e del grasso in uno studio della durata di 12 mesi. Sono stati analizzati soggetti solo in sovrappeso e obesi in relazione al genotipo e alla secrezione dell’insulina.
Nello studio condotto dalla Stanford University e dall’Istituto Nazionale (diretto dal Dott.re Chrisopher Gardner) su pazienti con obesità di classe 1 con 15 genotipi differenti sono stati chiamati ad attenersi a un introito giornaliero che comprendesse:
- 20 g carboidrati (in caso di LOW CARB);
- 20 g grassi (in caso di LOW FAT);
- per il resto proteine.
Dopo 8 settimane ai pazienti era indicato di aumentare di 5-15 grammi alla volta (carboidrati o grassi a secondo del tipo di dieta seguita) in base ai propri bisogni fino a raggiungere un equilibrio ritenuto sostenibile per il resto della vita. Alla fine dei 12 mesi di esperimento il quantitativo medio era pari a 57 g di grassi e 132 g di carboidrati al giorno (i valori prima di iniziare lo studio erano 87 g grassi e 247 carboidrati).
Lo studio era supportato da analisi del sangue e test specifici, così da valutare se stavano consumando più carboidrati o più grassi. L’analisi non ha rilevato alcuna significativa differenza tra la perdita di peso dovuta alla LOW FAT o alla LOW CARB; né insulina, né dispendio energetico, né dispendio calorico, garantiscono il successo di una dieta a lungo termine per la perdita di peso. In definitiva: nessuna delle “proposte” appena citate è totalmente risolutiva. MA, se sei:
- endomorfa (accumuli facilmente grasso, hai un metabolismo molto adattivo ed efficiente, con una spesa calorica bassa, una scarsa tolleranza dei carboidrati, miglior gestione dei grassi e delle proteine ed una maggior tolleranza all’alto volume di allenamento) prediligi una LOW CARB. Anno dopo anno, migliorerai la tua tolleranza all’insulina, ottimizzerai il metabolismo arrivando alla tua condizione ideale.
- ectomorfa, (sei sempre stata magra o addirittura sottopeso, hai una buona capacità di gestione dei carboidrati) ti suggerisco una dieta LOW FAT per ottenere il meglio dalla fase di definizione, mantenendo muscolo e volumi costruiti nel periodo di massa.
- mesomorfa sperimenta e prediligi la strategia a te più congeniale. Una valida scelta può essere quella di alternare le due strategie e testare quale dei due percorsi funziona meglio.
Detto questo, non dimenticare che una dieta equilibrata, con un aumento delle proteine rispetto al periodo di massa, monitorata accuratamente con il conteggio dei macros, può rappresentare non solo la giusta strategia, ma anche la più sostenibile.
CHI HA LA MEGLIO SULLA PERDITA DI PESO: LOW CARB O LOW FAT?
L’efficacia di una dieta nel lungo periodo è data da:
- la consapevolezza del rapporto che si ha con il cibo;
- il supporto di un motivatore che insegna a monitorare i progressi, come una Coach della X-Woman Academy;
- la differenza tra restrizione e deficit (non portare le calorie al minimo, ma abbassale in modo da creare un deficit sostenibile nel tempo);
- l’indice di sazietà;
- l’effettiva sostenibilità.
In definitiva, ciò che conta per la perdita di peso, al di là di particolari patologie, non è la preferenza dei grassi o dei carboidrati in base ad una teoria specifica: ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro. Quello che fa realmente la differenza è l’aderenza alla dieta e quindi la sostenibilità non solo nel breve periodo.
A meno che tu non sia un soggetto obeso e quindi dovrai puntare per lungo tempo ad un’ipocalorica, scegli per la fase di definizione, così come per la fase di massa (in cui le tue calorie saranno alte e le energie aumenteranno), ciò che ti soddisfa di più e non rende la dieta una prigione, ma uno stile di vita.
Erica Cupelli, Dottoressa in Scienze Filosofiche, Fitness Chef e Fitness Coach X WOMAN
2 Commenti. Nuovo commento
Bravissima Erica, mooolto esauriente!
Grazie mille!