

Ciao! Sono Luana Bonaita, una Fitness Coach di X WOMAN. Sono qui per parlarti di gravidanza e allenamento.
Allenarsi in gravidanza è possibile, non è necessario che tu rinunci a fare sport in questo meraviglioso periodo della tua vita.

Allenati e rendilo ancora più meraviglioso!
Devi solo essere cosciente che il mondo intorno a te non è ancora totalmente pronto a questa entusiasmante verità.
Tutte le donne incinte, almeno una volta, si sono sentite pronunciare la classica frase: “La gravidanza non è una malattia”. Peccato che quest’asserzione venga utilizzata in maniera impropria, poiché pochi credono realmente al significato di queste parole.

Se sei incinta NON sei malata, però, per il senso comune, è meglio se eviti di:
– sollevare carichi (anche le sole borse della spesa)
– prendere in braccio altri figli o bambini in genere
– fare lavori considerati “a rischio”
– continuare con il tuo solito stile di vita, se considerato particolarmente attivo
– allenarti (!)
– avere rapporti sessuali (anzi no…depenna questo ultimo punto perché i ginecologi, la maggior parte uomini, hanno voluto e saputo indagare maggiormente questo aspetto. Questa è un’attività che ora addirittura consigliano e ritengono faccia persino bene al bambino!).

Mi soffermo su questo perché, ironia a parte, così come l’allenamento, anche i rapporti sessuali in gravidanza un tempo erano considerati rischiosi. Questo tema, però, che stava a cuore a molti e coinvolgeva anche la componente maschile della coppia, è stato investigato a fondo scoprendo, così, che il pericolo connesso è nullo.
E allora perché non si adotta lo stesso approccio per l’allenamento?
Molto spesso siamo legati a una visione dei fatti che risale a 50 anni fa e, ancora più sovente, risulta conveniente seguire delle credenze ormai superate piuttosto che assumersi la responsabilità di cambiare pensiero.
Accade ancora spesso che quando si parla di attività fisica, o meglio, di allenamento in gravidanza, molte persone abbiano reazioni di sgomento o, peggio, di sconcerto e sdegno.
Alla base c’è una mancanza di conoscenza e poca informazione.
Per la maggior parte della popolazione l’allenamento è una priorità secondaria e risulta facile eliminarla dalla propria routine non appena si manifesta un imprevisto, la mancanza di tempo o una necessità più impellente. Pertanto, se insorge uno “stato interessante”, è la prima attività a cui si pensa di poter rinunciare e che medici stessi inducono a sacrificare, senza considerare che in realtà i benefici ad essa correlati sono molteplici.

Il problema è che studi approfonditi sul tema “allenamento in gravidanza” scarseggiano e anche se quelli che sono stati realizzati hanno riscontrato che lo sport in gravidanza non ha impatti negativi sulla salute del feto ma apporta benefici sia per lui che per la madre, è altrettanto vero che non sono state trovate correlazioni assolutamente certe di miglioramento con le principali patologie connesse alla gravidanza come ad esempio il diabete gestazionale, la preeclampsia, la nascita pretermine o il semplice aumento di peso durante la gestazione.
Questa carenza di studi scientifici porta ancora molti medici, ginecologi e operatori del settore a essere molto, forse troppo, cauti sul consigliare un’attività fisica ad una donna incinta o addirittura a sconsigliarla quando una paziente richiede espressamente di poterla praticare.
Alcune ricerche hanno dimostrato che le donne incinte cercano consigli sull’attività fisica, tuttavia, solo il 28,1% ha riferito di essere incoraggiata dagli operatori sanitari nell’assistenza prenatale alle pratiche di attività fisica.

Questi professionisti, invece, dovrebbero avere un ruolo essenziale nell’incoraggiamento e il sostegno di queste donne nel mantenersi fisicamente attive ed è fondamentale che siano essi stessi promotori consapevoli dei benefici dello sport in gravidanza.
La ragione per cui scoraggiano le loro pazienti a praticare sport risiede nel fatto che molte di queste figure non sono realmente preparate e informate sull’argomento, quasi come se non fosse di loro competenza o come se questo fosse un “non-problema” poiché in gravidanza una donna dovrebbe pensare a ben altre cose perché “Anche se per un anno non ti alleni non muore nessuno, no?”.
E allora non ti resta che farti piccola piccola, sulla sedia nello studio del ginecologo, perché ti senti in imbarazzo per aver fatto domande di questo tipo, ti senti già una madre scellerata se tra le tue tante preoccupazioni c’è anche lo sport.
La realtà è che non sei tu ad avere esposto una domanda inadeguata bensì nessuno è stato in grado di rispondere o non si è assunto la responsabilità di farlo.
Con questo non voglio dire che tutte le donne debbano per forza allenarsi, è chiaro che la situazione deve essere ben valutata da persona a persona, sulla base di un’infinità di variabili, tra cui le più importanti:
– il passato di atleta della gestante
– la condizione fisica prima e durante la gravidanza
– la condizione emotiva della gestante
– l’eventuale insorgenza di complicazioni o di patologie correlate alla gravidanza
– la correlazione rischio-beneficio

Quanto meno, però, ogni donna dovrebbe avere la sicurezza di poter contare sulla preparazione e sulla volontà di rispondere alla domanda: “Dottore, posso continuare a praticare sport? In che modo? Con quali accortezze?”.
Questo tipo di approccio così conservativo e cautelativo non sempre porta ad esiti positivi e favorevoli alla paziente, perché, al di là dell’aspetto prettamente fisico, non viene considerata la questione dal punto di vista psicologico.
Alcune donne, che ritengono di non essere state prese sul serio o non hanno ricevuto una risposta appropriata, continuano comunque a fare sport, in alcuni casi in maniera inadeguata, senza farsi assistere da un professionista e senza più riportare al proprio medico informazioni potenzialmente rilevanti proprio a causa di questo atteggiamento. Il rischio connesso è quello di incorrere in complicazioni fisiche anche serie.
Altre, all’opposto, interrompono la maggior parte delle attività precedenti la gravidanza vivendo i nove mesi di gestazione domandandosi, prima di compiere qualsiasi gesto, se sarebbe meglio evitarlo e addirittura chiedendo aiuto a qualcun altro anche solo per sollevare due borse della spesa. La loro routine si trasforma in una costante paura di sbagliare. Il rischio connesso è l’insorgenza di ansie, dubbi e conseguenti frustrazioni.

Il fatto di vivere questa meravigliosa esperienza in uno stato psico-fisico instabile e fragile non influisce di certo positivamente sul bambino che è in grembo, perché se è vero che le nostre azioni puramente fisiche incidono sul benessere del feto, è vero anche che gli stati psicologici, sia positivi che negativi, fanno altrettanto. Frustrazioni, paure, emozioni negative hanno effetti rilevanti e deleteri che, al contrario, un corretto allenamento non ha.
Ogni giorno centinaia di donne, che non hanno ricevuto indicazioni adeguate da chi di dovere, si rivolgono ad estranei sui diversi forum e, pensando di fare chiarezza, cercano risposte in rete, dove chiunque può dire la sua.
È sicuramente vero che si possono trovare persone preparate e accorte che scelgono di condividere le loro esperienze e il loro sapere ma nella maggior parte dei casi ci si imbatte in sconosciuti che vogliono semplicemente esprimere la propria opinione in base all’esperienza personale, senza però avere competenze in merito o cognizione di causa.
Il risultato sarà ricevere pensieri totalmente contrastanti tra loro, e il rischio connesso quello di aggiungere ulteriore confusione e frustrazione ad uno stato mentale già fragile e confuso.

Lavoro nel settore fitness da quasi 20 anni e in tutto questo tempo non ho visto grandi progressi o miglioramenti sul tema” gravidanza”.
Questo argomento mi sta particolarmente a cuore, e anche a fronte della mia personale esperienza, ho deciso di approfondire la questione e cimentarmi, forse pericolosamente, ma allo stesso tempo orgogliosamente, in questa ricerca.
Un accenno relativo al mio caso pare doveroso per far capire che nonostante le numerose difficoltà, tutto si può fare purché ci sia la volontà a prevalere sul resto.
All’età di 18 anni ho iniziato a soffrire di un mestruo doloroso al limite del sopportabile, connesso a ripetuti svenimenti dovuti alla profonda intensità delle fitte. Ho sempre ritenuto di avere una soglia del dolore molto alta, ma mese dopo mese sentivo che il mio corpo stava cedendo, non potevo più reggere un tormento di tale entità, anche se gli episodi si verificavano solo per due giornate ogni 3/4 settimane.
I dottori non capivano cosa potesse essere, ritenevano sovradimensionate le mie lamentele e ogni volta mi congedavano dicendomi che qualsiasi donna al mondo, in maniera più o meno intensa, soffre di dolori mestruali e che avrei dovuto abituarmi all’idea di conviverci per tutta la vita. Ma io sentivo che c’era qualcosa che non andava.

Le mie visite dalla guardia medica e al pronto soccorso diventavano sempre più frequenti ma, a quell’epoca, la mia patologia era conosciuta ancor meno di oggi e l’unica soluzione che mi veniva proposta era la somministrazione di antidolorifici sempre più forti.
Una notte in cui l’episodio si è ripetuto per l’ennesima volta in maniera, se possibile, ancor più violenta e soffocante, complice forse anche la spossatezza mentale, i miei genitori presi dalla disperazione, hanno chiamato d’urgenza il solito dottore di turno.
Questa volta arrivò un ragazzo giovane che aveva forse da pochi anni completato gli studi in medicina. Ricordo che dopo una breve anamnesi e qualche indagine, consigliò di portarmi al pronto soccorso dell’ospedale con pretesa di ricovero immediato a scopo di eseguire analisi più approfondite. Fui trattenuta in reparto ginecologia per una settimana intera, mi sottoposero a infiniti accertamenti e illustrarono spaventose ipotesi di varia natura.
Risultato: mi dimisero senza una diagnosi precisa, ancora! E come se non bastasse, iniziai a soffrire di attacchi di panico causati probabilmente dall’incertezza in cui dovevo permanere oltre che (lo scoprii poi) sintomo della malattia stessa.
Altra ansia e frustrazione per me e la mia famiglia!
Mia sorella mi consigliò di farmi visitare da un primario di ginecologia abbastanza rinomato, il quale finalmente mi fornì una prognosi: ENDOMETRIOSI PROFONDA.

Sostenne che i dolori, che gli altri operatori ritenevano ordinari, potevano essere paragonati alla somma di quelli che si provano con il parto e i calcoli renali insieme. Finalmente avevo una conferma che quello che provavo era reale.
Venne poi il momento dell’intervento, che, dissero, sarebbe stato di routine, rapido e indolore. La realtà fu che durò oltre 5 ore poiché trovarono una ciste molto grossa e furono obbligati ad asportare un’ovaia e metà dell’altra.
A questo punto avevo 20 anni ed era forse ancora troppo presto per potermi rendere conto di come questo avrebbe segnato il resto della mia vita.
A 26 anni ho conosciuto quello che sarebbe diventato il padre della mia splendida bambina. Solo dopo 10 meravigliosi anni insieme sono però riuscita a leggere un test di gravidanza positivo…un lungo periodo di esami, visite, colloqui con medici provenienti da ogni zona d’Italia e d’Europa, tentativi e utilizzo di tecniche di ogni tipo, applicazione di cerotti ormonali, punture su ogni parte del mio corpo, interventi in diverse sale operatorie.

Insomma, un percorso che sembrava interminabile e, soprattutto, un sogno che appariva ormai irrealizzabile.
E invece, la mia persistenza e ostinazione furono premiate e finalmente un giorno, il più bello della mia vita, arrivò la gioia infinita di scoprirmi incinta.
Inutile dire che la mia gravidanza è stata etichettata immediatamente come “a rischio”.
Di conseguenza, avrei mai potuto pormi il problema dell’allenamento dopo tutto quello che avevo passato? Ovviamente lo feci e ovviamente fui presa per una sconsiderata.
In realtà non posso nemmeno dar torto alle persone che osservavano la situazione dall’esterno. Loro riuscivano a vedere solo una donna che dopo anni di sofferenze e tentativi andati male era irriconoscente verso ciò che le era stato donato.

Ma la mia visione dei fatti era lucidamente diversa, il mio modo di considerare la situazione era totalmente rovesciato rispetto a quello degli altri.
Non avrei mai fatto del male alla mia bambina ma chi mi stava accanto e i medici che mi assistevano vedevano lo sport come un’ulteriore complicazione alle mie condizioni già delicate e precarie.
Io, che invece ho sempre vissuto lo sport come una cura, una medicina naturale e un elisir di lunga vita, nel caso specifico della mia gravidanza, lo percepivo come una condizione che avrebbe portato benessere, salute e serenità non solo a me ma soprattutto a lei.
Ero sola contro tutti ma sentivo, anzi sapevo, di avere ragione.
Ma come poterlo spiegare anche agli altri? Non c’era altra via che avere fiducia in me stessa, nelle mie conoscenze e sensazioni, perseguire la mia strada e lasciare che criticassero senza dar loro troppo peso.
Mi sono allenata fino al giorno prima di partorire.
– Ho mantenuto il protocollo con i pesi
– Ho ridimensionato i miei HIIT sulla base di ciò che il mio fisico poteva sostenere
– Ho fatto molte camminate all’aperto e svariate corse sul tapis roulant

L’allenamento con i pesi non era ovviamente finalizzato all’aumento della massa muscolare o della forza, quindi anche i carichi erano adeguati ai cambiamenti che il mio fisico stava subendo. L’ottica era quella di rinforzare il mio corpo, mantenerlo nelle migliori condizioni per:
– gestire il carico della mia bambina dentro di me. Per quanto io sia aumentata coerentemente alle linee guida di 12 chili, le articolazioni, le ossa e anche gli organi interni durante la gravidanza sono sottoposte a un grande stress a causa del maggior peso da supportare. Una buona tonicità muscolare ti permette di non accusare eccessivamente la differenza rispetto alla condizione precedente.
– gestire al meglio la situazione post-parto. Braccia e gambe forti sarebbero tornate utili per quando avrei tenuto in braccio, magari anche per ore intere, la mia bambina dopo la sua nascita.
– fare in modo che lei fosse avvolta e protetta da un ambiente sicuro, forte e sano. La mia pancia e il mio corpo sono stati la sua dimora per 9 interi mesi e ho sempre pensato che se il luogo in cui le sue prime cellule si sarebbero sviluppate e in cui avrebbe successivamente vissuto fosse stato in salute, sarebbe stato un enorme beneficio anche per lei. L’esercizio fisico mi ha aiutata a mantenere sana e rafforzare la sua casa, e, a sua volta, a mettermi nel giusto stato d’animo per ridurre lo stress e creare continui e ripetuti feedback positivi.

– evitare tutte quelle condizioni di cui si lamentano le future madri ovvero lombalgia (mal di schiena), incontinenza urinaria, dolore pelvico, fianchi doloranti e piedi gonfi. Ritengo, infatti, che quelli descritti non siano tanto aspetti connessi alla gravidanza in sé ma problemi di una gravidanza basata su delle fondamenta instabili, che, quindi, non riescono a fornire il giusto sostegno ai cambiamenti del corpo.
Il periodo gravidico è un momento di apprendimento per il bimbo in grembo. Tutto quello che fai ha impatto sul tuo corpo ma anche sul corpo e la mente di tuo figlio. A mio parere questi mesi sono tanto importanti quanto i successivi, sono stati un momento in cui già insegnavo qualcosa a mia figlia: lo sport è stata una maniera con la quale le ho trasmesso dei valori e attraverso il quale comunicare con lei.
Una componente importante per il benessere psico-fisico del feto è la mancanza di stress e un fisico sano aiuta a gestire al meglio questo tipo di situazione negativa. Le endorfine rilasciate dall’attività fisica producono felicità ed essere una mamma felice significa avere un bambino felice.
Alcuni studiosi sostengono che eventi stressanti come rabbia, frustrazione, perdita di controllo aumentino il livello di glucocorticoidi (ovvero una classe di ormoni che reagiscono allo stress, tra cui il più noto è il cortisolo) e che questi ormoni aumentino il rischio di obesità, ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete insulino-resistente e altro.
Il risultato, nonostante la mia gravidanza tardiva, è stato quello di vivere tutti i 9 mesi di gestazione in maniera serena sia a livello fisico che psicologico: sono sempre stata bene, non mi sono mai sentita affaticata o nervosa, insonne o infastidita e sono riuscita ad allenarmi fino al giorno prima del parto.
Anche dopo la nascita di mia figlia il mio stile di vita non è cambiato molto rispetto a prima. Ho ricominciato ad allenarmi subito dopo poche settimane dal parto ridimensionando nuovamente il protocollo sulle esigenze fisiologiche contingenti e ho continuato ad alimentarmi in maniera sana e pulita.
Ti parlerò presto anche di come allenarti dopo aver partorito ma, nel frattempo, se vuoi perdere i chili accumulati nel periodo prenatale ti sarà molto utile leggere IL LIBRO SEGRETO DELLA DEFINIZIONE MUSCOLARE FEMMINILE.
Reputo che l’attività fisica abbia giocato un ruolo fondamentale per la mia veloce ripresa, il mio stato emotivo e il benessere e la serenità di mia figlia.

E’ indiscutibile che la mia personale esperienza non possa assolutamente essere vista come una regola per tutte le gravidanze. Potrai, però, considerare sicuri e affidabili i dati più oggettivi provenienti da fonti autorevoli che riporto di seguito e rappresentano alcune indicazioni generiche che una donna incinta può seguire.
Si basano su uno studio effettuato nel 2015 all’interno del quale vengono riassunte le diverse linee guida sanitarie e cliniche sull’attività fisica durante la gravidanza.
1- Controindicazioni all’esercizio fisico durante la gravidanza
Inizio specificando quando NON è il caso di allenarsi durante la gravidanza. Ci sono determinate patologie per cui l’esercizio è caldamente sconsigliato poiché i rischi ad esso connessi sarebbero troppo elevati e supererebbero di gran lunga i benefici che ne derivano.
Si ritiene che rientrino in questa categoria l’anemia, l’emorragia persistente, le malattie cardiovascolari, il cerchiaggio o l’incompetenza cervicale, la gestazione multipla a rischio di travaglio precoce, la preeclampsia o l’ipertensione indotta dalla gravidanza, le contrazioni premature, la rottura prematura delle membrane, le malattie della tiroide.
In maniera maggiore o minore queste sono condizioni in cui non è conveniente praticare sport.
2- Attività da evitare durante la gravidanza
Le linee guida descrivono caratteristiche specifiche rischiose insite in alcune attività e sport.
Dovrebbero essere evitati tutti quegli sport che comportano rischi di cadute, traumi o collisioni o perdite di equilibrio come equitazione, sci, ciclismo. La preoccupazione principale è relativa al fatto che i legamenti in gravidanza si rilassano a causa dell’aumento dei livelli di alcuni ormoni, come progesterone e relaxina, rendendo le articolazioni più soggette a lesioni.
Non sono consigliati gli sport di contatto fisico come kickboxing, judo o rugby, perché vi è un rischio aumentato di traumi addominali.
Bisognerebbe seguire alcune raccomandazioni sull’attività fisica in quota. La maggior parte degli organismi accetta un esercizio moderato ad altitudini che non superino i 2000 metri. Oltre a fenomeni avversi legati all’altitudine, viene considerata la difficoltà di ritornare in un centro abitato per cercare eventuali cure.
Risulterebbero pericolose le immersioni subacquee durante la gravidanza, perché il feto non è protetto dalla malattia da decompressione e la circolazione polmonare fetale non può filtrare la formazione di bolle nel flusso sanguigno materno.
3- Avvio di un programma di allenamento in gravidanza
Un tempo si sosteneva che, se fino al momento della scoperta della gravidanza non avessi mai svolto alcuna attività fisica, sarebbe stato scorretto iniziare proprio mentre sei incinta.
Le linee guida ora suggeriscono che le donne che non erano attive nel periodo preconcezionale possano iniziare un programma di esercizi leggero-moderato nel caso di gravidanze prive di complicazioni.

Ovviamente, in questi casi, è sconsigliato impostare un planning ad alta intensità ma si dovrebbe partire gradualmente con sessioni più brevi, ad esempio di 15 minuti per 3 volte a settimana, quindi aumentare gradualmente a sessioni di 30 minuti 4 volte a settimana e infine arrivare a sessioni giornaliere di intensità medio – moderate.
4- Mantenimento del programma di allenamento precedente
Le donne incinte abituate ad attività fisica ad alta intensità possono continuare la loro abituale attività anche durante la gravidanza finché si sentono bene. E’ in generale sicuro continuare il proprio programma di allenamento finché lo sforzo percepito è sotto controllo. E’ consigliabile, invece, apportare modifiche in base ai cambiamenti del proprio corpo e dei livelli di resistenza con il passare dei mesi.
Le donne sportive possono allenarsi a un livello d’intensità maggiore perché il loro corpo è abituato a farlo. In questo caso allenamenti ad alta intensità non risultano dannosi per il bambino e lui stesso si abituerà ai tuoi allenamenti.

In generale i bambini di donne attive durante la gravidanza gestiscono meglio la nascita e mostrano meno stress durante il processo di espulsione. Il loro sistema cardiovascolare, inoltre, trarrà beneficio dall’allenamento della madre.
Il rischio incorre solo se lavori a un livello d’intensità superiore a quello a cui sei abituata o a quello che il tuo corpo percepisce come sicuro in quel momento. Ad esempio, se vai sotto sforzo e ti manca l’aria, molto probabilmente anche il tuo bambino non riceverà abbastanza ossigeno.
Ascoltare il tuo corpo è la maniera migliore e più sicura per allenarti.
5- Frequenza cardiaca durante l’allenamento
Per molto tempo i medici hanno raccomandato alle donne di mantenere la propria frequenza cardiaca inferiore a 140 battiti al minuto durante l’attività fisica in gravidanza e, anche se non propriamente corretto, questo consiglio è molto comune anche oggi.
In realtà non esiste una frequenza cardiaca stabilita da mantenere. Sarebbe, invece, ideale prestare attenzione al livello dello sforzo percepito (RPE = Rate of Perceived Exertion). Se l’esercizio sembra troppo intenso, probabilmente lo è.
Per essere certa di non superare i tuoi limiti personali è consigliato effettuare il così detto “talk test”, ovvero testare il fatto di riuscire a parlare abbastanza tranquillamente durante lo sforzo e non allenarti mai al punto di arrivare a respirare a fatica o a sentirti male.
Le frequenze cardiache individuali sono molto variabili e per la maggior parte degli atleti 140 BPM è a malapena un riscaldamento. Controllare il grado dello sforzo percepito è un metodo molto più affidabile e individualizzato per monitorare l’intensità dell’allenamento.
6- Puoi continuare a correre
La corsa in gravidanza è un allenamento sicuro così come altri sport aerobici o cardiovascolari (nuoto, acquagym, danza).
Assicurati di monitorare il tuo RPE e riconoscere che, mentre il tuo corpo cambia e il tuo peso aumenta, i tuoi tempi rallenteranno e il tuo equilibrio cambierà.
Quindi presta attenzione a correre dove NON c’è rischio di inciampare e a NON correre a temperature estreme (troppo fredde, troppo calde o troppo umide).
Anche se le donne già atletiche sono più efficienti nel regolare la temperatura corporea e non sono inclini al surriscaldamento, il tuo bambino dipende completamente da te per mantenere la sua temperatura corporea. Soprattutto se hai la febbre, salta il tuo allenamento.
Assicurati di reidratarti dopo la corsa e di sostenere l’esercizio con buone scelte nutrizionali. La gravidanza non è il momento per mirare ad un deficit calorico.

7- Puoi continuare a lavorare sul CORE (il nucleo centrale del tuo corpo)
Le linee guida mettono in guardia la donna sulle attività in posizione supina (sdraiate sulla schiena) a causa della possibilità di diminuzione della gittata cardiaca e di ipotensione ortostatica causata dall’utero allargato, che può ostacolare il ritorno venoso o il flusso sanguigno dall’aorta addominale.
Quando si entra nel secondo trimestre, alcune donne devono interrompere gli esercizi supini perché causano capogiri o nausea. Ciò è dovuto alla maggiore pressione su un vaso sanguigno importante chiamato vena cava, che può ridurre il flusso di sangue a te e al tuo bambino. Se si verificano questi sintomi, è meglio cambiare posizione.
Ci sono molti esercizi di base alternativi che puoi fare per rinforzare il tuo CORE. Mantenere questa zona forte ti aiuterà a perfezionare la postura, diminuire il dolore alla schiena durante la gravidanza e migliorare la facilità del travaglio.
Alcuni esercizi di base potrebbero portare ad un aumentato rischio di diastasi addominale (separazione eccessiva delle due fasce del muscolo retto addominale) durante le fasi successive della gravidanza. Questo pericolo non sussiste durante il primo trimestre perché non c’è ancora molta pressione sull’addome e rafforzare gli addominali trasversali può ridurre l’incognita di incorrere nella diastasi.
Scegli e fatti, pertanto, consigliare bene su quali sono gli esercizi più indicati per evitare questo problema. Ad esempio sarebbe opportuno evitare esercizi basilari come i crunches e durante esercizi come plank o push-up concentrarsi sul mantenere gli addominali trasversali contratti. Se risulta difficile mantenere il core coinvolgendo gli addominali trasversali meglio passare a un altro esercizio.

8- Puoi continuare l’allenamento per la forza durante la gravidanza
Il sollevamento pesi è un buon allenamento per mantenerti in forza e in salute.
In questo caso, e ancor di più in questo periodo, è molto importante che ti concentri sull’utilizzo di una tecnica perfetta anche in considerazione delle modifiche che il tuo corpo subisce. L’utilizzo di una postura scorretta, infatti, aumenta il rischio di lesioni.
Se ti sembra che l’allenamento sia troppo intenso, diminuisci i pesi che stai utilizzando. Come sempre, ascolta il tuo corpo. La gravidanza non è il momento per scegliere di migliorare le tue prestazioni, e quindi il carico, ma è necessario concentrarsi sulla scelta degli esercizi giusti che permettano a te e al bambino di essere più forti e più sani.
Non trattenere il respiro mentre sollevi pesi poiché può incrementare la pressione addominale e ridurre l’ossigeno a te e al bambino.
9- Sintomi per i quali è necessario interrompere il tuo allenamento
Le linee guida includono indicazione di interrompere l’esercizio nel caso in cui si presentino: emorragie vaginali, vertigini o presincope (sensazione di svenimento), dispnea (estrema mancanza di respiro), tachicardia o dolore toracico, mal di testa, debolezza muscolare, dolore al polpaccio o gonfiore, contrazioni uterine, diminuzione del movimento fetale o perdita di liquido amniotico dalla vagina.
Consulta il tuo medico in merito a questi sintomi, se si presentano, e solo quando è opportuno, ricomincia a lavorare. Questo non significa che non puoi più allenarti di nuovo durante la gravidanza, significa solo che devi interrompere quell’allenamento e chiedere un consulto aggiuntivo.

Nonostante i dati presentati in questi studi e ormai ritenuti validi e certi, in Italia molti operatori del settore sono ancora decisamente troppo poco informati e forniscono indicazioni spesso contrastanti.
La situazione italiana relativa allo sport in gravidanza andrebbe indubbiamente migliorata.
E’ necessario che ginecologi, ostetriche e medici in generale allarghino la loro visione anche a questo aspetto connesso al periodo gestazionale.
Una possibile soluzione sarebbe quella di avvalersi di collaborazioni con professionisti del settore fitness specializzati sul tema che possano eventualmente consigliare e seguire le pazienti così da non lasciarle sole nell’affrontare la decisione di continuare a praticare attività fisica o abbandonarla.
Chiaramente la questione è delicata. Le incognite insite nella gravidanza stessa sono molte, le cause di eventuali fatti negativi imprevisti sono spesso ignote ma in relazione alla mentalità odierna, la prima causa a cui si imputerebbero sarebbe probabilmente lo sport, nel caso in cui una donna lo praticasse.
Il punto della questione sta, oltre che nell’approfondire ulteriormente gli studi esistenti, in un generale cambio di mentalità, nella competenza e l’aggiornamento e nello studio del caso specifico.
E’ chiaro che se ogni dottore, o la maggior parte del personale sanitario, adotta un atteggiamento conservativo e privo di rischi, il personal trainer è messo in una situazione ancor più difficile e compromettente. Come può esporsi al rischio di consigliarti di fare sport o addirittura di allenarti lui stesso? Nella maggior parte dei casi rifiuterà di farlo, soprattutto se il ginecologo che ti segue è contrario.
Alle soglie del 2020 una situazione del genere non è né sostenibile né tanto meno accettabile.
Andrebbe incoraggiata una generale e maggiore promozione dello sport in gravidanza da parte degli operatori sanitari, valutando la situazione di quelle donne che desiderino continuare il loro allenamento o di quelle che vogliano iniziare un nuovo protocollo, informarsi e stringere collaborazioni per consigliarle al meglio.
In attesa di informazioni più specifiche anche sulla nutrizione durante e dopo la gravidanza, se hai già partorito o se non sei incinta, segui i preziosi consigli alimentari contenuti ne IL LIBRO SEGRETO DELLA DEFINIZIONE MUSCOLARE FEMMINILE.
A presto
Luana Bonaita – Fitness Coach di X WOMAN
11 Commenti. Nuovo commento
Articolo completo e molto interessante!
Grazie Francesca.
Cara Luana ho letto il tuo articolo e finalmente un faro nell’oscurità dei proibizionisti che provengono da ogni angolo… vorrei chiederti un consiglio…posso contattarti privatamente su fb?
Ciao Caterina! Mi fa immensamente piacere essere stata illuminante in materia. E ancor più volentieri ti fornisco un consiglio se posso, contattami pure in privato. Su FB sono Luana B. XW. A presto. ????
L’articolo più bello è completo mai letto su questo argomento!!! Complimenti davvero… io sono ora incinta di 12 settimane, ho fatto le ultime 5 a riposo per distacco di placenta ma ora è tutto a posto è non vedo l’ora di ricominciare… È dopo aver letto questo articolo ancora di più!!!
Grazie Sonia 🙂 Erika, staff XWoman
Grazie del complimento Sonia! Ti auguro di passare una splendida gravidanza. Buon allenamento! Luana
Grazie! Bellissimo articolo completo sull’allenamento in gravidanza!
Sono alla 26 settimana e sto continuando ad allenarmi in palestra ascoltando il mio corpo.
Grazie Carla! Bravissima, non è da tutte continuare l’allenamento in gravidanza. Continua così e complimenti!
Bellissimo articolo. E complimenti per la perspicacia con cui non ti sei fermata di fronte alla ‘massa’.
Ci sarebbe tanto da dire anche su sport e alimentazione in allattamento. Ho una bimba di 7 mesi e dopo aver ‘subito’ le stesse critiche durante la gestazione, continuo a subirne perché ancora allatto e non smetto di allenarmi. “ In allattamento serve grasso, quindi mangia cose grasse”, “finché allatti non potrai mai riprendere la forma fisica di prima”, “ti diventa il latte acido”, e potrei continuare a lungo. Terrorismo psicologico che ti fa mettere in discussione con te stessa e le tue scelte; ci vuole tanta forza e determinazione per lottare contro tutti…considerando che la vita presenta anche tanti altri problemi da gestire oltre a questo.
Spero che si cominci a parlare seriamente anche di questo argomento.
Grazie Lucia! Purtroppo intorno alla gravidanza ruotano tantissimi falsi miti e luoghi comuni e ogni persona si sente in diritto di dire la sua. Una mamma però sa sempre e comunque quello che è giusto fare per il bene del suo bambino e anche personale. E’ giusto essere determinate alle volte andando contro alle opinioni esterne. Ho intenzione di approfondire molti aspetti correlati alla gravidanza e al post-gravidanza e il tuo è sicuramente un buono spunto. Grazie e buon proseguimento. Luana